Articolo di Davide Renna
Fiamma bianca la chiamai quella sera. Shirobi¹, per rimanere in tema con il suo soprannome da battaglia, Kitsunebi², Volpe di Fuoco.
Il pugilato può apparire brutale a volte. Ci sono pugili che quando mandano giù l’avversario fanno proprio paura. Beatrice Desireè Furlan fu invece il trionfo della tecnica sulla forza bruta. I suoi movimenti di testa, economici, minimi, impercettibili, che facevano sembrare quasi che il jab dell’avversaria la colpisse; i suoi ganci, in tempismo perfetto; il movimento in avanti del busto, per chiudere ulteriormente la distanza; e il suo portamento, elegante e rispettoso. Mi sembrò un fuoco, potente, in grado di divorare tutto, e al tempo stesso nobile e puro. Rimasi estasiato dal suo primo match. Nel secondo round, il primo di boxe, le servivano tre conteggi per il ko tecnico.
Credo che li raggiunse prima che passassero due minuti dei tre previsti.
Beatrice non puntava sugli scacchi, non tanto perché ancora agli inizi, ma perché la sua boxe era come una Ferrari pronta a ruggire, con il motore sempre su di giri, sempre ad accelerare.
Piccola, uno scricciolo, generava una potenza esplosiva nei colpi, tra tecnica e fibre muscolari adatte a tale scopo.
La sua avventura nel VI mondiale del chessboxing è stata molto interessante: per questo sport certamente, ma anche per lei.
Il secondo incontro infatti è stato un incontro di chessboxing light. Round difficili, più che negli scacchi, proprio sul ring. L’arbitro era molto severo nei confronti dell’atleta italiana, che si ritrovava a fronteggiare una chessboxer indiana che ancora muoveva i primi passi nella boxe ma che sapeva il fatto suo sulla scacchiera.
Non ricordo bene, ma penso che fossi da solo all’angolo. A Beatrice non piaceva si dessero indicazioni, e d’altronde essendo io ancora inesperto nella boxe non è che potessi darle chissà quali consigli pugilistici, eppure l’accompagnai durante gli scambi, dandole dei suggerimenti che erano volti più a frenare di quel poco i suoi colpi, in modo tale da non ricevere penalità.
Penalità che purtroppo arrivò, a mio avviso immeritata, per un colpo all’addome, ben piazzato, invero, ma non così forte. Fu piuttosto il rumore a fare scena. Alla fine della seconda ripresa di pugilato il verdetto fu un pareggio proprio a causa del punto detratto.
Prendendo strategicamente tempo durante il round di scacchi, si giunse alla terza ripresa di boxe. Magistrale, leggera, l’ultimo colpo alla fronte, delicatamente appoggiato, un jab sinistro rapido e fluido, decretò la vittoria ai punti del round e dell’incontro.
Ora, l’aspettava alle finali, sia nel light che nel full, la stessa avversaria, un’altra atleta indiana più esperta nella boxe che negli scacchi, per quanto a manovrare i pezzi avesse più esperienza e soprattutto, come poi si vedrà, un piano più delineato.
La finale di chessboxing light, categoria 50 chili, fu difficile. L’arbitro, lo stesso del primo match, ripetè il copione, limitando drasticamente la forza dei colpi di Beatrice. Tuttavia, questo incoraggiava Madhavi Gonbare, che iniziava a portare colpi più incisivi, e che le avrebbero dovuto far procurare almeno un paio di warning nel primo round.
Non solo penalizzata quindi nella boxe, oltre alla beffa, anche il danno si ritrovò ad affrontare, poiché sulle sessantaquattro caselle commise un errore assasi tipico per chi ha poco dimestichezza non tanto con il gioco quanto con le regole dei tornei di scacchi, ovverosia muovere prima la torre e poi il re nell’arrocco³.
L’arbitro non spiegò il perché del richiamo, quindi venne di nuovo mossa prima la torre e poi il re con tanto di ammonizione e soprattuto, adesso, obbligo di muovere il pezzo prima toccato. Con il re al centro la posizione precipitò e Beatrice si ritrovò con molte più difficoltà del previsto.
Trattenere con la sola forza delle parole l’accesso di rabbia, se non giusto sicuramente comprensibile, mentre portava colpi leggermente più pesanti sul ring, fu un lavoro che Gianpiero e io svolgemmo, a mia sorpresa, alquanto bene. La ripresa fu portata a casa e seguì la sconfitta, ormai prevedibile dato l’intoppo iniziale, negli scacchi.
Parità, visto che sul ring le riprese erano state tutte di Beatrice, pertanto match di spareggio.
Per decidere se sul ring o sulla scacchiera, venne fatto un sorteggio e capitarono, purtroppo, i pezzi bianchi e neri da far muovere, non più le braccia.
La formula armageddon⁴ non favorì neppure lontanamente la già sfortunata pugilista italiana, poiché giocando con i pezzi bianchi doveva vincere a ogni costo, la patta sarebbe stata considerata vittoria per la giocatrice dei pezzi neri.
L’unico consiglio che mi sentii di darle fu quello di giocare per vincere, con suo disappunto visto che per lei le frecce che poteva tirare erano solo sul ring, non sulla scacchiera.
Eppure, nonostante alla fine perdesse per tempo, aveva messo in difficoltà l’avversaria, semplicemente con un gioco aggressivo.
Fortemente contrariata dalle dinamiche arbitrarie, poco dopo l’incontro Beatrice era già più tranquilla e prendeva come lezione extra di scacchi ciò che capitato, facendone tesoro per l’indomani, quando avrebbe disputato la finale l’indomani, stavolta di chessboxing classico, sempre con la stessa rivale.
27-10, Il Giorno della Finale
L’oro sembra alle porte. Beatrice inizierà con gli scacchi, pezzi neri, ma potrà scatenarsi in seguito con la sua boxe fatta di ganci forti e precisi, di un’avanzata indomita ma ben calcolata.
I primi tre minuti vedono muoversi i pezzi di Madhavi aggressivamente verso il re di Beatrice, ma temporeggiando sappiamo che avremo almeno due riprese di pugilato.
Io e Gianpiero siamo in trepida attesa. Mi chiedo se riuscirà a chiuderla in un solo round.
Kitsunebi parte, e per quanto conosca l’avversaria, calcola bene le mosse, stavolta pugilistiche. La chessboxer indiana colpisce poco o niente, colpi sempre in linea, che fermano quasi per niente Beatrice, per quanto spesso salti all’indietro per ricalibrare distanza e azione successive.
I primi minuti passano, poi colpo al bersaglio grosso seguito da un gancio destro alla testa. Inizia il conteggio. L’avversaria non demorde, e il round riprende. Non ci sono altri conteggi ma alla ripresa successiva non potrà reggere tre minuti come ha fatto adesso.
La strategia di Madhavi è semplice, puntare sin dalle prime mosse sullo scaccomatto. I pezzi si iniziano a far sempre più vicini verso il re di Beatrice. Temporeggia, come le ho consigliato, ma deve stare attenta a non muovere troppo lentamente perché ha meno di tre minuti e quindi potrebbe perdere per tempo.
L’alfiere, il cavallo e la donna bianchi guardano le case f7 e h7. Beatrice può catturare tanti pezzi, forse troppi. Magari non sa cosa sia meglio. In realtà, l’unico pezzo da catturare è il cavallo, che dà supporto alla donna per il matto in h7. Catturato quello, potrà cambiare le donne e poi eventualmente vincere anche sulla scacchiera, a seconda di quanto ancora determinata si rivelerà l’avversaria sul ring.
Muove a qualche secondo dalla fine del round, potrebbe aspettare ancora ma non è facile tenere tutto sotto controllo.
Beatrice muove e non è la mossa che può salvare tutto.
Madhavi metteva subito a segno lo scaccomatto, a una decina di secondi dal termine del round. Onore a lei, che ha saputo resistere sul ring e a puntare, è proprio il caso di dirlo, sul cavallo giusto tra le strategie a disposizione per vincere la partita sulle sessantaquattro case e di conseguenza il match.
Ma la prestazione di Beatrice non è stata da poco. Certamente per la boxe, ma anche i suoi scacchi hanno lasciato intravedere un grande potenziale.
Poco ancora da imparare, chiarire giusto alcune idee e poi potrà avere tutte le riprese di pugilato che vorrà.
Un doppio nell’argento è comunque il bellissimo risultato che porta a casa, con un’esperienza di chessboxing positiva non solo per una sua futura carriera in questo sport ma anche per la sua imminente carriera da pro-boxer.
Una fiamma bianca che brucerà ancora di più.
Note:
¹ 白火, shirobi, composta da shiro- bianco- e hi, che diventa bi se legato ad altro kanji, ovvero fuoco. La traduzione letteraria dal giapponese è quindi fuoco bianco.
² 狐火 kitsunebi, kistune – volpe.
³ Per chi non ne fosse a conoscenza, l’arrocco è l’unica mossa che permette di muovere due pezzi contemporaneamente, cioè re e torre, assicurando uno sviluppo di entrambi e ponendo il primo più al sicuro, almeno nella stragrande maggioranza dei casi.
⁴ La formula Armageddon prevede tre minuti per il giocatore con pezzi bianchi e due minuti e mezzo per quello con i pezzi neri. A ogni mossa c’è un incremento di un secondo. Il Bianco deve vincere a tutti i costi poiché in caso di patta la vittoria è comunque del giocatore nero.
Articolo di Davide Renna
COMMENTI RECENTI