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I PROTAGONISTI: Freddy Frattesi, parola di C.T.

Milanese, 50 anni, sarà lui a guidare la squadra Azzurra ai primi Mondiali di chessboxing ospitati in Italia. Una responsabilità che avverte, ma con la consapevolezza di avere a disposizione una squadra dal grande potenziale.

Articolo e intervista di Germano Longo.

Non c’è sport al mondo in cui, si vinca o si perda, le responsabilità non passino attraverso il CT, l’allenatore, si diceva un tempo. Colui da cui dipendono le scelte, le tattiche e le strategie, un ruolo “parafulmine”, complicato e delicato insieme, di quelli che possono stroncare o consacrare carriere.
Esattamente la responsabilità che si sente addosso Fernando Frattesi, per tutti “Freddy”, l’allenatore che guiderà gli Azzurri ai Mondiali di Chessboxing di Riccione. Milanese, 50 anni, Freddy è un pugile che qualche anno fa ha scelto di passare dall’altra parte della barricata fondando la palestra “Molon Labe Boxing Club” di Piazza Carrara 19, a Milano, per l’occasione diventata il quartier generale della spedizione Azzurra di scacchipugilato.

Come va Freddy, sei teso?

Un po’ di responsabilità la sento, lo ammetto. Ma è una sfida che mi stimola e sento nell’aria tanta voglia di far bene.

Ti aspettavi di essere chiamato dalla FISP alla guida della squadra Azzurra?

Ne avevamo parlato, sono uno dei tecnici più “anziani” e ho già preparato diversi atleti per affrontare ring internazionali. Ma certo quando è arrivata la nomina ufficiale di CT della spedizione un paio di brividi lungo la schiena li ho avuti.

Le prime impressioni sulla squadra?

Lavoriamo insieme da prima dell’estate, qualcuno lo conoscevo già, altri li avevo solo sentiti nominare perché sono nomi che circolano nell’ambiente.

Come li stai preparando?

Per conoscerci meglio abbiamo organizzato il primo allenamento collegiale il 16 luglio scorso e il prossimo è in programma il 1° ottobre: sarà quello di rifinitura, l’ultimo prima di salire sul ring dei Mondiali. È un meccanismo inedito, mai fatto prima, ma fa parte di un lavoro impostato in modo da poter proseguire anche dopo i Mondiali.

Quali sono le difficoltà maggiori su cui lavorate?

Insistiamo molto sul momento di stacco fra pugilato e scacchi: ho studiato degli esercizi dallo stress fisico molto elevato seguiti dalla prima mossa scacchiera, quella su cui è più facile sbagliare e che spesso può costare l’incontro se non si trova subito la capacità di uscire con la testa dalla boxe per calarsi fra i pezzi degli scacchi.

E la squadra è pronta?

Ci stiamo concentrando sulle strategie da metterei un pratica sul ring, con programmi di allenamento pennellati su ognuno: c’è chi ha bisogno di migliorare la parte dedicata agli scacchi, chi deve rifinire la tecnica pugilistica. Anche se non ci vediamo spesso per questioni di distanze so che stanno dando il massimo, lo capisco anche dai sacrifici che fanno per esserci ogni volta: significa immolare tempo ed energie. Per questo ho molto rispetto per tutti loro, comunque vadano le cose.

Quanti sarete a difendere i colori Azzurri?

Le convocazioni non sono ancora state fatte, ma credo si parli di una decina di chessboxer, un numero record per l’Italia ma più che doveroso, visto che i Mondiali si disputano proprio in casa nostra.

Ma tu quando hai incontrato lo scacchipugilato?

Anni fa, me ne ha parlato Volfango Rizzi, l’organizzatore dei Mondiali, e ne sono rimasto immediatamente affascinato: ho trovato assolutamente geniale l’idea di mettere insieme due universi così diversi.

Credi che i Mondiali di Riccione toglieranno il velo ad una disciplina che ancora in molti non conoscono?

Può essere la scintilla, anche se vedo una crescita di interesse costante da diversi anni.

Le ultime raccomandazioni che farai alla squadra?

Cercherò di motivarli, ricordando che è l’occasione per ognuno di loro di entrare nei libri di storia di questa disciplina. Ma l’ultimo consiglio sarà e sempre e soltanto uno: divertitevi ragazzi.

Intervista di Germano Longo originariamente pubblicata su: chessboxingworld.com

Precedenti interviste della serie “I Protagonisti”:

I PROTAGONISTI – La tripla vita di Marco Muccini

Sergio Leveque, l’uomo che è nato due volte.


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