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L’Unione Europea al centro del dibattito a Milano tra accademici europei.

Ieri, organizzato dall’ISPI, si é tenuto presso l’Università degli Studi di Milano il dibattito intitolato Crisis in Europe: which solutions, which policies? svoltasi presso la Sala Lauree della Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali.

Sono intervenuti alla conferenza quattro invitati: Erik Jones (Direttore e Professor degli Studi Europei alla John Hopkins SAIS di Bologna), Margarita Starkevičiūtė (parlamentare europea e Professoressa di Economia all’Università di Vilnius), Antonio Villafranca (Direttore e ricercatore senior del Programma Europeo all’ ISPI), Fabian Zuleeg (Direttore del Programma dell’Economia Politica Europea al Centro Politico Europeo a Brussels).

Il moderatore del dibattito é stato Fabio Franchino dell’Università degli Studi di Milano e  la lingua inglese, senza traduzione, é stata utilizzata per gli interventi dei relatori, e le cinque domande che membri del pubblico hanno fatto a chi parlava.

SPQeR é stata presente all’evento, come al solito siamo attenti alle tematiche politiche e soprattutto quelle europee.

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I quattro conferenzieri e il moderatore.

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Una sala gremita di pubblico, soprattutto studenti universitari ma non solo.

In breve vediamo alcuni dei punti riportati dai quattro oratori:

Antonio Villafranca vede come soluzione della crisi un ulteriore processo di integrazione europea e prevede questa integrazione tra i paesi della zona-Euro lasciando indietro quegli stati più scettici come il Regno Unito; l’Unione Europea continuerebbe ad esistere ma sarebbe semplicemente un’area economica comune e questo permetterebbe anche a stati come la Turchia di diventare membri dell’Unione; ma il fulcro dell’integrazione europea sarebbe fatto da quei paesi che vogliono progredire nell’integrazione.

Fabian Zuleeg vede questa crisi come un assommarsi di crisi multiple che sono interrelate: crisi di fiducia, crisi finanziaria, crisi di prestiti, crisi economica, crisi sociale, una crisi di crescite divergenti e, infine, una crisi politica. Reputa le parole di Mario Draghi, che la BCE avrebbe fatto tutto quanto necessario come parole importantissime ad aver fermato la crisi, importanti tanto quanto la mancanza di un intervento contro queste parole da parte del governo tedesco che in questo modo fece capire ai mercati che la Germania sosteneva l’operato della BCE in questo compito.

Lui vede necessario il processo delle riforme strutturali nei vari paesi, ma soprattutto il prospettarsi una unione fiscale con forme diverse in cui l’UE si fa carico del debito dei vari stati, un sistema per trasferire i debiti, più coordinamento economico, un meccanismo supervisore e un sistema di garanzia dei pagamenti. Vede anche un percorso di unione del sistema bancario. Queste due unioni (fiscale e bancaria, che include anche gli eurobond ma sotto un’altro nome) andranno anche di pari passo con l’unione politica, l’alternativa sarebbe una frammentazione dei vari stati europei con anche il pericolo di partiti estremisti che guadagnerebbero consenso in diversi stati europei.

Margarita Starkevičiūtė ha parlato dell’esperienza lituana dopo essersi liberata dall’oppressione sovietica. In controtendenza la sua lettura che la crisi finanziari é avvenuta non per una mancanza di regole per il mercato ma a causa delle troppe regole.

Erik Jones legge questa crisi essenzialmente come una crisi d’integrazione dei mercati finanziari: questo ha portato ad una crisi di liquidità, avendo fermato la circolazione dei capitali. Ha parlato dell’esempio della crisi economica del Texas negli anni 1980, dopo il default messicano. Quello che ha salvato il Texas sono stati meccanismi per isolare i depositi e non far sî che questi soldi venissero trasferiti in altri stati. Come soluzione della crisi vede un’unione dei sistemi bancari e gli euro bond.

 


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