Esce domani, 23 giugno, nelle librerie italiane il libro MUHAMMAD ALI: il guerriero che sapeva volare di Massimo Cecchini. Nel giugno di quattro fa moriva il grande campione di pugilato.
Se la vita di ognuno di noi finisce per essere un combattimento contro il mondo e i fantasmi che ci portiamo dietro, quella di Cassius Clay – l’uomo che volle diventare Muhammad Ali – può essere raccontata in otto riprese, tante quanti i round che gli furono necessari per battere George Foreman nel match più importante della sua carriera, e forse della storia della boxe.
Dalla Louisville dei primi passi a quella delle esequie planetarie, il suo finisce per essere il racconto vincente e doloroso della storia recente degli Stati Uniti e di un percorso culturale che riguarda, in fondo, anche tutti noi. Ma talento e convinzioni non bastano per spiegare la genesi di un campione grande e imperfetto, diventato simbolo di lotte civili e totem di diverse generazioni. Dietro c’è anche altro, probabilmente quello che, nel giorno del funerale, Belinda, una delle sue ex mogli, ha sintetizzato così: «Aveva un disperato bisogno di essere amato».
Quanto basta perché milioni di persone, da quel giorno, abbiano potuto dire: «Anche io sono Muhammad Ali».
Massimo Cecchini è nato a Teramo nel 1961 e si è laureato in Lettere e Filosofia a Firenze. Dopo aver lavorato a lungo per i quotidiani «La Nazione», «Il Centro» e per l’agenzia Ansa, dal 1993 è giornalista a «La Gazzetta dello Sport». Ha seguito la Nazionale italiana di calcio in giro per il mondo durante tutte le manifestazioni più importanti. Ha insegnato Giornalismo presso l’Università Luiss di Roma e la RCS Academy di Milano, collaborando con diverse radio e periodici stranieri.
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